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MIMI CAROPIPANI

La caropipana

 

La caropipana aveva un petto quanto l’altar maggiore, e ogni minna come una ciaramella, che riempiva la casa e ci poteva allattare una pariglia di ciuchi.

          Or quando trovò il figliuolino, bello pasciuto come un angiolo, dinnanzi a tutti nella strada, in chiesa o alla piazza, tirava fuori quell’abbeveratoio col cannello, che pareva

VILLEGGIATURA

Ai primi di giugno si andava in campagna [A Cafeci, ndr] coi nonni. Era una vil­leggiatura famosa che durava fin dopo la vendemmia: la nostra delizia. Per molti giorni di seguito gli asini e le mule caricavano le masserizie e le vettovaglie, sacchi di farina e di frumento, damigiane di vino, orci d’olio, forme di cacio: una confusione come un trasloco, su cui aleggia ancora nel mio ricordo la figura bianca della

PAESE AL SOLE

L’ora del sole a picco coglie alla sprovvista il paese, lo fulmina a bruciapelo, lo fa restare a strapiombo come sospeso a un filo dall’alto deserto del cielo incandescente. Le stra­de si spalancano all’infinito, squadrate simmetricamente dalla luce abbagliante che a dirotto vi imperversa, le case

L’ORA DEL CIRCOLO

Lentamente un senso di freschezza, come un tremolio furtivo di foglie, alita sul paese avvilito dal sole che vi ha sfolgorato per tutto un meriggio lungo e stagnante come un’eternità; s’adagia in rettangoli vellutati d’ombra, frastagliati d’embrici, di comignoli e di veroni nelle strade deserte e risonanti come imbuti di latta, s’insinua attraverso

CACCIATORI DEL MIO PAESE

         Ogni sera, al mio paese, a una data ora, nelle farmacie e in certi caffè specializzati si sentono dei continui colpi di fucile: sono i cacciatori che ammazzano a tutto spiano lepri e conigli, quaglie e pernici. La carneficina non finirebbe mai più, tanta è la passione che li anima. Per fortuna

IL COCOMERO

          La festa di San Cristoforo era annunziata dall'arrivo dei coltellinai di Campobasso, dei giocatori di bussolotti, dei venditori di berretti, di torrone, di pipe di zucchero, di noccioline americane, di zampogne e di palloncini colorati; dei sonatori ambulanti, degli storpi che si strascicavano sul di dietro coi guantoni di cuoio e gli appoggi, le gambe sulle spalle come pezzi ortopedici, il viso atteggiato in smorfie pietose, lanciando ai passanti invocazioni che

ODE ALL’AMICO COMPITO

Pagina 1 [Francesco Lanza ha sedici anni e frequenta il liceo a Catania. Siamo in agosto e il ragazzo si trova in vacanza in paese. La notte della festa di San Cristofero, é sveglio nella sua casa di via Archimede. Prende carta e penna e scrive all’amico e coetaneo Totò La Spina che ha appena festeggiato l’onomastico. Non in prosa ma in endecasillabi. Evoca la nascita della loro amicizia, quando erano ancora bambini, gli smarrimenti dell’adolescenza e la faticosa transizione verso l’età adulta. Riproduciamo il testo originale e la sua trascrizione. Per leggere il primo, clicca sopra e si ingrandira'.]

 

Ancora, se ripenso le mie corse

bambine per le strade e pei quadrivi

ho come un pianto che

VALGUARNERA COME TRAPPOLA

Quattro lettere di Francesco Lanza

Valguarnera, 14 maggio 1931

 

 

 

Mio caro Corrado,

come ringraziarti della tua lettera? Non so dirti quanto bene mi abbia fatto. Avevo proprio bisogno d’una pa­rola amica, affettuosa.

Ho potuto conoscere in tutta la sua profondità il tuo cuore, un’amicizia e un affetto che non credevo più di meritare.

Per la mia malattia non ti meraviglierai quando avrai saputo che

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