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landestinità
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ilippo Oliveri di Valguarnera, nato il 27-8-1912, iscritto al PCI nel 1944, membro della Commissione dell’epurazione di Valguarnera nel dopoguerra, ricorda l’attività del Comitato antifascista intorno al 1936.
«Ci riunivamo dentro la bottega del barbiere Giuseppe Greco (socialista). La barberia aveva due uscite in due vie che ci consentivano di fuggire, quando, ci avvertivano, con un tipo di fischio particolare, che stavano per cercarci quelli dell’OVRA. Facevano parte del Comitato antifascista: Giuseppe [non Andrea?, ndr] Pavone, Spartaco Lanza, Cristofaro Spampinato, Cristofaro Costa, Giuseppe Gentile, i fratelli Francesco e Antonino Montesanto.
L’1-3-1939 furono arrestati come antifascisti e portati al carcere di Piazza Armerina: Antonino Lo Presti (orologiaio), che tenne la bandiera rossa per 50 anni nel fondo del cassetto del tavolino (esiste ancora la falce e martello dell’asta della bandiera che é in possesso di uno dei vecchi socialisti, che teneva acceso sempre un lumìno a Lenin); Salvatore Cappello (salumiere la cui madre morì per la pena del figlio arrestato; Giuseppe Indovino (idraulico), che diventò poi segretario amministrativo del PCI di Valguarnera; Antonio Amorelli (postino); Antonino Berrittella (calzolaio), padre del parroco Berrittella della parrocchia S. Giovanni Bosco; Antonino Litteri (falegname); Michele Ciaravella (barbiere); Antonino e Francesco Montesano (falegnami); Baldassare Scarlata [vulgo “Martuffu”,ndr](barbiere).
Furono poi liberati, qualche giorno dopo, per l’intervento mio, di Giuseppe Gentile ed altri, che ci recammo ad Aidone, dove c’era un colonnello della milizia fascista, che intervenne in loro favore. Li liberò, perché li considerava come figli suoi, dal momento che i loro padri erano stati dipendenti, nelle sue terre».
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inema (e teatro) a Grottacalda
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iola Francesco [da Enna, ndr] ricorda quando, ancora piccolo, il padre Pietro con la famiglia, nel 1930, furono esiliati nella miniera Grottacalda, perché il padre non aveva salutato il gagliardetto fascista. Su denuncia di due fascisti di allora, la famiglia Viola doveva essere mandata al confino, ma grazie all’intervento dell’avv. Lapis essendo Pietro Viola un invalido di guerra, gli concessero di andare in “esilio” a Grottacalda, ove abitarono dal 1930 al 1945. Francesco, il figlio, aiutava Saverio Cassarà, l’operatore cinematografico, poiché in quella miniera si proiettavano i film una volta alla settimana.
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conografie
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a situazione politica siciliana però sembrava saldamente controllata dalle forze conservatrici del tipo più tradizionale. Tuttavia con le prime elezioni regionali del 20-4-1947, si era verificato un fatto nuovo di eccezionale importanza: la sinistra (socialisti, comunisti, democratici e indipendenti uniti nelle liste del Blocco del Popolo), aveva riportato un grande successo, risultando la prima forza con il 29% dei suffragi.
Il Blocco del Popolo presentava la lista con l’effigie di Garibaldi. Dice Calandrone [dirigente comunista inviato dal nord a rafforzare il partito ad Enna e poi a Catania, autore di “Comunista in Sicilia, 1946-51”, ndr] “Saranno fieri Sala e i compagni di Enna: il contrassegno che essi scelsero per le Elezioni Municipali é diventato con una piccola variante (la testa di Garibaldi nello stellone d’Italia) quello del fronte democratico popolare”.
Ricorda Pino Vicari, uno dei primi dirigenti del PCI e del Sindacato ennese, che fu il compagno Luigi Romano, minatore di Valguarnera, ad avere l’idea di questo simbolo, per le Elezioni amministrative a Valguarnera, perché assomigliava, con la barba, a S. Giuseppe, e così veniva meglio per indicare ai cattolici di votarlo.
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olitica delle alleanze
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ltra testimonianza viene data da Pino Mancuso, dirigente dei minatori [e poi, negli anni Settanta, deputato del PCI, ndr] episodio che si verificò a Valguarnera durante i 63 giorni di sciopero. «Ci recammo dal Vescovo di Piazza Armerina, mons. Catarella, che manifestò la sua solidarietà. A Valguarnera, il parroco Di Franco [in realtà, il canonico Antonino Franco, vulgo “u parrinu Pipituni”, ndr] partecipò ad una assemblea nei locali della lega zolfatai; rievocando la dura vita dei minatori e ricordando di essere stato il parroco della miniera Grottacalda, disse ai minatori in latino, che poi tradusse subito in italiano: “Continuate la vostra lotta, perché è una lotta giusta e fate come quella goccia, che continuando a cadere, riuscì a perforare il marmo”. Alla fine dell’Assemblea, ci fu la manifestazione con a capo il parroco.
Però, continua Mancuso, quando l’indomani, dopo la messa, doveva tenersi la manifestazione, padre Di Franco non c’era, malgrado aveva assicurato la sua partecipazione. Durante la notte, i carabinieri l’avevano prelevato e portato nella sua campagna, per allontanarlo dal posto della manifestazione. Naturalmente il corteo sisvolse lo stesso. Alla fine, lo sciopero dei 63 giorni, [si tratta dello sciopero regionale dei minatori iniziato il 24 gennaio 1952, ndr] si concluse positivamente, con l’aumento di 150 lire, senza essere legati ai 18 giorni di presenza lavorativa mensile, così come altri volevano”.
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acconta Oliveri
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elle lotte per le terre incolte parla anche Filippo Oliveri, abitante attualmente ad Enna: «Io ero il segretario della Federterra di Valguarnera nel 1946. Chi a piedi, chi con gli asini, o coi muli, diverse centinaia di persone andammo al bosco soprano e sottano nel territorio di Aidone, di proprietà dell’ECA di Nicosia, ad occupare simbolicamente quel terreno tutto pietroso.
A capo dei contadini erano Carmelo Librizzi e Pino Vicari. Sul posto si recarono, oltre ai due citati compagni dirigenti della Federterra provinciale, Luigi Grimaldi che rappresentava l’Associazione Agricoltori provinciale e il magistrato Monterosso Presidente del Tribunale, che con un decreto assegnava circa 550 ettari per 25 anni alla Cooperativa Francesco Lanza. Ottenuta la concessione, il bosco fu trasformato da terreno pietroso a frutteto e vigneto. Attualmente continua a coltivare il terreno la stessa Cooperativa».
Un altro episodio raccontato da Filippo Oliveri, si riferisce ad un diverso comportamento tenuto dai preti. «Ad Aidone nel 1953-54, padre Mirisola vicino ai bisogni dei braccianti e dei lavoratori, prima che i contadini andassero ad occupate le terre incolte, dopo essere stati a messa, benedisse le bandiere rosse. Era presente era il dirigente provinciale Onofrio Costanzo. Successivamente, in seguito all’intervento del parroco Magno di Valguarnera, la curia vescovile di Piazza Armerina interviene per punire il comportamento del parroco Mirisola. Lo mandarono per 20 anni in Argentina».
Oliveri ricorda anche le minacce, l’intervento suo e di Peppino Molara [Successivamente, segretario della Camera del Lavoro di Valguarnera, ndr], nella divisione dei prodotti agricoli, nei feudi di Grottacalda, Gallizzi, Mandrascate, Castani di proprietà dei Prato. Poi ricorda con affetto il Ministro Gullo, venuto ad Enna, quando gli disse, che fra compagni non ci sono differenze e lo invitò a dargli del tu.
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e fiammiferaie di Valguarnera
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ell’Aprile 1955, viene fatto uno sciopero della fame dagli operai e dalle operaie della fabbrica di fiammiferi di Valguarnera. In maggioranza erano donne. Tutti gli occupati erano circa 40 e fu dovuto alla mancanza di pagamento dei salari. Capeggiava lo sciopero, l’ormai veterano degli scioperi della fame Onofrio Costanzo, dirigente provinciale sindacale.
Lo sciopero iniziò prima davanti all’edificio scolastico nuovo, dopo si trasferì nei locali della Lega Zolfatai e successivamente dentro la Chiesa Madre. Poi gli operai si spostarono ad Enna e si affacciarono dal balcone della sezione comunista che dava sulla piazza S. Francesco, per dimostrare la combattività del primo sciopero che veniva fatto. Le trattative furono condotte da Leonardo Speziale, Segretario Provinciale della CGIL.
Gaetano Vicari, “Storie di lotte e di conquiste nella provincia di Enna. Testimonianze e protagonisti. A cura di Giuseppe Algozino. Prefazione di Francesco Renda”, Enna, 2000