A Vincenzo il fontaniere piaceva andare a caccia di conigli selvatici in compagnia di un suo grande amico, anche lui grande appassionato cacciatore. Era un tipo molto simpatico ma un po’ nervoso e, come si dice dalle nostre parti, “svampa lavùr”. Per questo suo carattere si prestava perfettamente agli scherzi del fontaniere. Così, dopo ogni scherzo c’era una litigata e subito dopo si faceva la pace e poi si tornava a litigare, visto che Vincenzo doveva sempre rompere…
Andavano a caccia insieme e portavano con sè i cani e un furetto. Quando trovavano una tana di conigli, infilavano il furetto nella stessa in modo da farglieli prendere. A volte il coniglio non riusciva ad uscire, pertanto bisognava allargare il buco e mentre uno dei due cacciatori scavava con le mani, l’altro infilava un braccio per acchiappare il furetto o il coniglio. Normalmente era Vincenzo a scavare, mentre il suo amico infilava il braccio nella tana. Così una mattina mentre stava per spuntare il sole, i due cacciatori si trovarono davanti ad una tana con le tracce fresche di conigli. Presero il furetto dalla gabbia e lo infilarono nella tana. Aspettarono diversi minuti inutilmente e allora decisero di fare il solito lavoro. Vincenzo si mise a scavare per allargare la tana, mentre il suo compagno era pronto ad infilare il braccio per acchiappare la preda. Vincenzo scavava con tutte e due le mani e dopo un minuto disse: “Forza, nfila u brazz”. L’altro cacciatore come un fulmine infilò il braccio destro dentro il buco, fino dove poteva arrivare, ma non trovò né il furetto né il coniglio; sentì invece qualcosa di strano che strinse nella mano e trasse subito fuori. Rimase di stucco quando si accorse che si trattava di monete d’oro. Attonito infilò ancora una volta il braccio e tirò fuori altre monete e continuò fino a quando le monete finirono. Aveva le mani piene di monete d’oro, si mise a gridare:”Vcjnz,Vcjnz, sim ricch ai truvat i marengh d’or”, si alzò in piedi e incominciò a saltare, mise le braccia al collo di Vincenzo e incominciò a baciarlo. Non si poteva fermare.
- “Ma ch truvast? Famm tuccar s cos” diceva Vincenzo. - “S cos? Strunz, sim ricch, talia ca”. Prese una moneta e la diede a Vincenzo. Lui fece finta di osservarla attentamente, poi incominciò a scartarla, la mise in bocca e incominciò a mangiarla: “Ma è bwn stu cioccolat!”. L’altro si rese subito conto che era stato lui a mettere le false monete nella tana mentre scavava. Si trattava dei famosi cioccolatini avvolti nella carta dorata. L’amico di Vincenzo, non ci vide più dagli occhi, si girò dalla parte dove aveva sistemato il fucile: “Stavota t mazz!” gridò. Ma non riusciva a trovare il proprio fucile da caccia. Prese una grossa pietra, ma quando si voltò in cerca del compagno si accorse che era già lontano che correva con il suo fucile: “Curr,curr ca prima o dwp t pigghj”. Ma per Vincenzo il problema era quello di far passare un po’ di tempo e poi come al solito sarebbe stato perdonato. “Svampa lavur” per alcuni giorni quando incontrava Vincenzo per le strade del paese si girava da un’altra parte per evitare di guardarlo in faccia.
Ma la domenica successiva allo scherzo delle monete d’oro, Vincenzo lo aspettò davanti il Circolo dei Cacciatori e quando lo vide senza dargli il tempo di girarsi dall’altra parte gli disse: “Ma almen i cioccolat ti mangiast?”.”Svampa lavur” mise la mano destra nella tasca della giacca, tirò fuori i marenghi d’oro falsi e glieli tirò addosso: “Te, va scàngial e t rcchisc tu e u strunz chi sii”. E Vincenzo: “Iu t vwgghj ben e t vuliva far sentir riccu”.
Nino Santamaria