Valguarnera appare a Leonardo Sciascia come “nitido e civile paese”. Tuttavia – è sempre lo scrittore di Racalmuto che parla – essa possiede qualcosa in più degli altri comuni della Sicilia interna: una più radicata identità localistica, un più arcaico modo di vita, una più gagliarda cultura popolare. E queste non sono impressioni, ma osservazioni obiettive (“effettuali” e “positive” nel linguaggio di Sciascia). Almeno nei primi anni Settanta, quando egli esprimeva tali giudizi.
L’accertamento della fondatezza delle affermazioni sciasciane potrebbe costituire uno dei percorsi di lettura di questa “antologia della letteratura valguarnerese”: risultano le caratteristiche del paese essere - o essere state - contraddittoria mistura d’ingredienti quali “provincialismo”, “civiltà”, “arcaismo”, “vivacità”? Valguarnera, inoltre, è cugina germana di - poniamo - Pietraperzia, Aidone, Enna e Leonforte, oppure da esse si distacca, come sembra suggerire Sciascia, per formare autonomo microcosmo?
“Letteratura valguarnerese”, abbiamo detto, ma forse sarebbe stato più opportuno dire “su Valguarnera” giacché il collante della raccolta viene fornito dal soggetto piuttosto che dai dati anagrafici degli autori. Letteratura sorprendentemente considerevole ed articolata in vari livelli e generi. Si fa una visita alla nuvoletta in cui il citato Sciascia si trova in buona compagnia di Martoglio e di Consolo (che agli occhi di molti appare come il maggior scrittore italiano oggi vivente) e si passa alle pagine di giornalisti o attori di fama nazionale e naturalmente a quelle di narratori, poeti e saggisti valguarneresi di oggi e di ieri. Due tappe probabilmente inattese sono quelle sollecitate dai testi degli italoamericani Mangione (del quale riportiamo una pagina memorabile, benché pochissimo conosciuta, in cui i carrapipani di Rochester vengono dapprima additati al pubblico ludibrio e poi scagionati dalle più infamanti accuse) e Ciulla (autore noto negli USA e sconosciuto in Europa, che ci racconta delle imprese del suo carrapipanissimo genitore).
I generi ci sono praticamente tutti: narrativa, saggistica, memorialistica, giornalismo, teatro, poesia (in lingua ed in dialetto) e letteratura orale destinata ad uso sociale (preghiere, filastrocche, scioglilingua, etc.); testi, questi ultimi, che ci hanno posto di fronte all’ostacolo della trascrizione della nostra parlata, un problema che prima o poi dovrà essere scientificamente e collegialmente affrontato.
Al cuore dell’antologia si trova quanto Ciccio Lanza ha scritto su Valguarnera. Sono pagine che ora ci schiaffano davanti ad un rapporto straziato e straziante (“Il paese si vendica per il solo motivo che l’ho troppo amato”) ed ora invece ci permettono di riassaporare una prosa che Italo Calvino trovava “limpida ed evocativa” e che, a riprova del suo alto e solido livello, sembra non risentire del peso dei decenni trascorsi. Di che fare radicalmente mutare opinione a chi immagina che Lanza sia uno scrittore minore, racchiuso nell’orticello del folklore isolano.
La tirannia dello spazio ci ha costretti ad escludere brani ed autori. Anche perché coscienti dell’arbitrarietà delle scelte operate, chiediamo venia agli interessati e rinviamo i lettori al sito www.valguarnera.com da cui la presente raccolta trae in un certo senso origine: l’ampiezza e la versatilità degli spazi informatici si rivelano preziosi alleati d’imprese come la nostra. Pensiamo, in ogni caso, di avere con questo volume sottratto allo spettro dell’oblio alcune pagine inedite o rare del patrimonio intellettuale della nostra comunità e speriamo di aver consolidato la strada che porta verso il recupero delle radici e l’approfondimento del dibattito culturale.