1. Catene di colline e di montagne da ogni parte lo circondano, distinte e chiare se vicine, incerte e grigie se lontane.
A nord-est ecco la mole gigantesca dell’Etna, che nera e solenne si erge altissima su tutto, coperta nei mesi freddi di un largo mantello bianco, e, quando è in eruzione, con un pennacchio lungo orizzontale, che partendo dal cratere si distende nel cielo dove spira il vento.
Quando l’aria è serena in alcune grandi macchie bianche si riconoscono Enna con le sue torri come una grande nave, Calascibetta come lo sperone di quella nave, Assoro adagiata come un nido d’aquila sopra una immensa piramide, Agira accovacciata su una piramide più piccola: nomi illustri, tanto celebrati dagli storici greci, romani, arabi, normanni.
Tra Enna ed Assoro ecco Leonforte e lontano sui Nebrodi la normanna Troina. Dalla S. Croce si guarda Aidone e da Rossomanno anche Raddusa e, quando l’aria è serena, anche il mare lucente di Catania.
Nell’estate e nell’autunno l’occhio riposa sereno sul bel verde dei vigneti delle colline vicine, mentre all’intorno e giù in una serie di colline che vanno degradando tutto è arido e secco. Ma nell’inverno e nella primavera il panorama cambia aspetto e quegli aridi campi sterminati son tutti verdi: a giugno la favolosa Cerere sul suo dorato cocchio adorno di spighe pare che corra da un monte all’altro dicendo trionfatrice, «questo è il mio regno», mentre le spighe cullandosi e caracollandosi la salutano col loro fruscio e chinando reverentemente il capo.
A nord giù in basso è una piccola pianura, ch’è poi la punta più estrema della pianura di Catania, incuneata tra le nostre colline. A mezzogiorno giù nella valle è una striscia di argento sorgente del Mulinello, che scorre tra orti le cui varie gradazioni di verde solo un bravo pittore potrà lontanamente imitare.
Valguarnera ripida a ponente ed a mezzogiorno ha lievi declivi dagli altri lati e da qualunque parte la si contempli, dalle colline di S. Croce o di Paparanza, le diverse facce della piramide ti si presentano coperte di fabbriche: vista poi da Cafeci pare un grande anfiteatro.
I campanili aguzzi di S. Anna e S. Antonino, il palazzo del Principe sul ciglio di un precipizio, quello che fu il pastificio Dell’Aria, le case popolari, la stazione ferroviaria, il palazzo D’Amico, il palazzo delle scuole, ecco gli edificii che spiccano di più nella uniformità dell’abitato: a mezzo chilometro dalle ultime case a tramontana è l’imponente fabbricato del Boccone del Povero tra bianche rocce e verdi campi.
Chi giunge alla stazione ferroviaria di Dittaino vede a mezzogiorno una cortina di montagne: sono le montagne di Rossomanno: vede verso il centro dell’arco una collinetta coperta di bianco: quella è Valguarnera a 629 metri livello del mare. Essa ha il suolo ricco e ferace, terreni cretacei ottimi per la coltivazione del grano e delle leguminacee, terreni arenari per la vite, calcarei per l’ulivo. Il sottosuolo è ricco di zolfo: vi sono colline coperte di gesso e di pietra calcarea, ottimi materiali di costruzione.
Chi guarda il paesaggio dal treno che faticosamente si arrampica per raggiungere Valguarnera è costretto a dire che questo lembo di Sicilia non vale meno di altri punti pittoreschi dell’Italia nostra. Chi compilò la Guida di Sicilia del Touring Club italiano dell’anno 1919, non fu per nulla esatto scrivendo di Valguarnera queste sole parole: « Valguarnera, grosso e povero paese ».
2. I suoi abitanti sono in massima parte agricoltori: dall’occhio vivo e lucente, di carnagione rosea e sanguigna, di comune intelligenza, gente che lavora pazientemente e che conosce il sacrifizio, che dal lavoro non percepisce quell’abbondanza e quei facili guadagni che le industrie e il commercio portano in altre città.
Il carattere morale del valguarnese, come quello di ogni altro paese di Sicilia, è un insieme di bene e di male. Profondamente attaccato alla famiglia, ama il lavoro, ama la religione, gode degli spettacoli, col forestiero è ospitale: la donna nella generalità vive ritirata ed accudisce unicamente ai lavori casalinghi. Dotato di fantasia esuberante, è ampolloso nel racconto ed ha ammirazione per tutto ciò che lo colpisce, ha carattere allegro ed espansivo.
Non tollera però le ingiurie ed è facile alla vendetta: manca di quella sincerità ch’è così prezioso elemento della convivenza sociale: la cultura è deficiente, per cui la religione stessa non ha quella profondità che dovrebbe avere ed è facilmente macchiata da qualche superstizione.
Scrissi nella prima edizione: L’abigeato ha ricevuto un gran colpo dai recenti provvedimenti governativi e il nostro agricoltore comincia a respirare nel potersi dire sicuro nella vita e nella proprietà. L’abigeato, come la malaria che infesta alcune terre vicine, ha bisogno di una lotta tenace, specialmente da parte delle autorità superiori.
Alla distanza di 35 anni bisogna dire amaramente che la sicurezza ha avuto un decrescendo, mentre bisogna constatare che con i rimedi igienici la malaria è sparita.
Queste note psicologiche dove più dove meno possono però applicarsi a tutti i paesi di Sicilia, e gli educatori del popolo non debbono disperare di migliorare questa terra così ricca di energie e di bontà.
Parroco Dr. Giacomo Magno, “Memorie storiche di Valguarnera Caropepe”, (seconda edizione), Scuola Salesiana del Libro, Catania-Barriera, 1965