di Giovanni Ciulla
[Il deputato socialista Giuseppe De Felice Giuffrida (Catania 1859-1920) godette sul finire dell’Ottocento di una straordinaria popolarità che giungeva a vere e proprie forme di idolatria tra il popolino catanese. Per quanto concerne la nostra zona, Anna Kuliscioff rilevò che “gli operai delle zolfare si rivolgono a lui come al redentore”. Le seguenti quartine del “poeta contadino” valguarnerese Giovanni Ciulla (che peraltro contadino non era) ce ne danno ulteriore conferma. Seguendo gli schemi narrativi della letteratura popolare, De Felice si trasfigura nell’atteso eroe vendicatore della “poveraglia” cui dedica tutte le sue energie (in realtà, come ricorda Labriola, quando si trovava a Roma il deputato catanese non disdegnava la compagnia delle “cocottes del varietà”), in una sorta di novello paladino di Francia senza macchia e senza paura. La poesia (trascrizione di un componimento orale) non é datata, ma può essere fatta risalire al ritorno del De Felice dall’esilio maltese, in seguito alla vittoriosa campagna elettorale del novembre 1892 (cui si riferisce il volantino in fondo pagina riprodotto). La quartultima strofa (“Oggi é circondata…”), come si evince dal manoscritto, é stata aggiunta successivamente, probabilmente all’inizio del 1894, durante la repressione antisocialista, quando (vedi la litografia di Ximenes) De Felice era in prigione a Volterra e, indomato, veniva dalla stampa amica definito appunto “il leone di Volterra”. E.B.]
Onesto pubblico bisogna capire
prego d’avere orecchi d’ascoltare
la vita di De Felice vi fò sentire
che per noi fu portato a bersagliare.
Libero eroe e franco cavaliere
uomo di stato e gran combattitore
la voce è sparsa pel mondo intero
d’onesto uomo ma non da traditore.
Sempre fa lotta coi nemici fieri
quegli che ci vogliono divorare
ma loro vanno coi falsi pensieri
a De Felice non possono superare.
Corpo marterizzato d’ogni lato
nemmeno ha un’ora di quieta
quanti fragelli per noi ha passato
sempre per la plebe ha sofferto.
Da quel giorno che lui fu nato
sempre marcia con unico intelletto
sempre per l’operai si è impegnato
il meglio tempo quello che si aspetta.
Come un uccello viene da lontano
per portare il cibo agli uccellini
il cacciatore l’oppone di volare
per non farlo tornare più al nido.
Il nido è la Sicilia sconsolata
gli uccellini è la poveraglia divenuta
l’uccello è De Felice ritornato
con gloria e vittoria ottenuta.
Non è come alcuni che ci fanno capire
alle pubbliche piazze si promettono
a parlare se io risulto vi farò vedere
il mio colleggio spero sollevare.
Dopo risultati deputati
neanche una volta l’abbiamo veduti
il ceto basso s’anno dimenticato
le sue promesse son nulla venute.
La Camera è incanto di fata Alcina
chi entra s’incanta qualunque persona
ma De Felice di memoria fina
non si fa illudere di nessuna persona.
Di tanti membri la Camera è piena
di grossi serpi tigre e leoni
quando s’avventano alla bassa meschina
il franco De Felice li bastona.
Continuo con la Camera sta a martello
non ha neanche un giorno d’intervallo
sempre col Senato si ribella
dicendo che i popoli la passano male.
Poco apprezzano la classe meschina
chi tira la pelle e chi la lana
per non ci essere tanto disciplina
l’operaio perisce e godono i poltroni.
Questo a De Felice non piace
che fanno le cose a suo capriccio
neanche al popolo può pace
avviliti siamo di portar la croce.
Chi ha il dominio succhia e fa straggi
il sangue del povero le sa dolce
chi compra feudi e chi villaggi
e noi miseri andiamo alla peggio.
Questo l’offrono la gente diplomatici
di farci vivere a tutti paralitici ma
De Felice d’animo e coraggio
spera stabilire una nuova legge.
La nostra Sicilia è un’isola ricca
in mezzo l’oro si trova circondata
sembra una villa fiorita
d’ogni regnante è stata apprezzata.
Oggi è circondata di fragello
che sembra il giudizio universale
la Camera ci ha condotto al macello
che a Roma hanno posto il carnale.
Per questo De Felice si appella
le viene un rimorso naturale
vederci trattare come agnelli
il suo cuore a pezzi si taglia.
Per tutto il mondo è sparsa la voce
giornalmente si parla e si dice
fino che sotto la tomba soggiace
sempre brilla la fama di De Felice.
Signori mi dovette perdonare
se in questi versi troverete errore
analfabeta sono improvisare
Ciulla Giovanni sono di Salvatore.