Contrada Mandrascate si trova a pochi minuti di macchina dal centro abitato di Valguarnera, anche se i proprietari di tutta la zona sono cittadini valguarneresi, la contrada fa parte del territorio di Enna. Se dalla periferia di Valguarnera (grotte di Baldassare) si guarda verso Mandrascate si rimane, come si suol dire, a bocca aperta, si vede una collina piena di verde con delle casette meravigliose costruite dai carrapipani per passarci i mesi estivi, visto che il posto assicura una temperatura più fresca e un’aria più pulita. Si tratta del posto ideale anche per i pensionati poiché ci si arriva in due minuti e il terreno è ottimo per piantare la vigna e si presta benissimo per gli alberi da frutta e per gli ortaggi, visto che la zona è ricca d’acqua a pochi metri di profondità e poi proprio da lì passa la condotta d’acqua che proviene dai pozzi d’acqua comunali di Rossomanno. Vincenzo il Fontaniere proprio lì ha costruito la sua piccola casetta dove si reca tutti i giorni a passare il tempo libero. Il sig. Impellizzeri è il suo confinante e si incontrano tutti i giorni, si parlano,scherzano ma soprattutto discutono delle cose che coltivano nelle rispettive proprietà. Il sig. Impellizzeri aveva un pergolato di cui andava orgoglioso per l’uva bianca, da tavola, che ogni a settembre si portava a casa.
Ci fu un anno che il pergolato è andato male, non c’era uva, come ogni tanto accade. Il Fontaniere se ne accorse e subito ne pensò una delle sue. Un pomeriggio aspettò il suo vicino e gli disse: “S po tastar na viccia d racina ra prìula ?” – “M dispiàc auànn nan c n’è” rispose Impellizzeri. E Vincenzo: “U sapiva, sempr p’rucchiùs ai stat. Per favore non dire una parola ca iu nan m vwgghj sciarriar. Ciau”. Senza dargli il tempo di replicare si allontanò facendo finta di essere incazzato. Si mise in macchina e se ne andò in paese. Come al solito si fermò al Canale e incominciò a raccontare a tutti che il suo confinante era un pidocchioso perché gli aveva negato “du rapa r racina” mentre c’era un camion di uva nel pergolato. Fece in modo che qualcuno andasse a raccontare la cosa al sig. Impellizzeri. Non passarono due giorni che il suo limitante lo cercò fino a casa. “Ma come puoi raccontare in giro che non ti ho voluto dare un po’ di uva, se quest’anno uva non ce n’é” gli disse. “Chiacchiere, domani vengo nel tuo terreno, con un testimone, sotto il pergolato così la finisci di dire minchiate”rispose Vincenzo. “Va ben duman mattina n v’rim a Mandrascàt”. Si separarono senza salutarsi.
La stessa sera, il Fontaniere andò a comprare due borse di uva bianca la mise in macchina visto che l’indomani mattina si doveva alzare molto presto per recarsi in campagna. Fu così che l’indomani alle sei di mattina era già sotto il pergolato del suo vicino con l’uva e una scala. Salì sulla scala e incominciò a sistemare i grappoli d’uva, che aveva comprato il giorno prima, tra le foglie del pergolato in modo perfetto. A guardare, nessuno poteva pensare ad un trucco. Impellizzeri sarebbe stato smentito.
Verso le sette e mezzo sentì la macchina arrivare e si piazzò davanti la casa in modo da essere visto. Impellizzeri lo vide da lontano e gli gridò: “Porta i bors e t pwi còghjr a racina” e Vincenzo: “Stai rvann cu i bors e a scala”. Prese la scala e due borse belle grandi e si incamminò verso il pergolato. “Curr, curr cu s bors e t cwghj st cughiuna” si mise a ridere Impellizzeri. Vincenzo salì sulla scala con una mano teneva la borsa e con l’altra raccoglieva l’uva. Impellizzeri gli vide mettere nella borsa il primo grande grappolo d’uva poi il secondo. Grappoli grandissimi di uva bianca meravigliosa, ma come fino al giorno prima non c’era niente: “Ma che cazzo è successo ?”.Era stordito, si mise sotto il pergolato e vide che c’erano grappoli d’uva a non finire: “Basta nan t n coghjr chiù, lassammìl du rapa”. E Vincenzo: “Perciò iu ma cattai arsira e ora la lass a tia?”.Se non fosse stato svelto a saltare a terra, Impellizzeri l’avrebbe fatto cadere, ma poi quando si rese conto di quello che era successo: “Perciò ai fatt tutt stu trafcu, sul p rùmp’r i cughiuna ? A va fa ncul!”.
Nino Santamaria